PLACARE IL SANGUE: RIFLESSIONI SUL 10 FEBBRAIO
di Gianluca Paciucci
Il grande storico triestino Giovanni Miccoli, di cui ricorre quest’anno il 5° anniversario della scomparsa, in un articolo del 1976 parlò di “accostamento aberrante” tra i fatti della Risiera e le foibe . Ma ancora più aberrante è quello tra la Giornata della memoria del 27 gennaio (liberazione del campo di Auschwitz) e la Giornata del ricordo del 10 febbraio (data del Trattato di pace tra l’Italia e gli alleati, 1947), accostamento voluto da chi nel 2004 votò una legge per conservare e rinnovare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Che questo corto circuito tra le due date non sia un effetto indesiderato, lo ha ribadito il lapsus della circolare del MIUR dell’8 febbraio 2022 in cui si legge: “il ‘Giorno del Ricordo’ e la conoscenza di quanto accaduto possono aiutare a comprendere che (…) la ‘categoria’ umana che si voleva piegare e culturalmente nullificare era quella italiana. Poco tempo prima era accaduto, su scala europea, alla ‘categoria’ degli ebrei…” Un ennesimo uso della Shoah per fini impropri. Certo, sono subito scattate le smentite: ma la circolare ha confermato che la vicinanza tra le due date contesta l’unicità di Auschwitz e invece rende unica la ‘tragedia delle foibe’, isolandola da ogni contesto storico e facendola divenire paradigmatica del ‘male assoluto’ rappresentato dalla ‘barbarie comunista’.
Inoltre alcune delle parole usate a Basovizza lo scorso 10 febbraio sono state vere e proprie minacce: il sindaco Dipiazza ha definito il negazionismo “lo stadio supremo del genocidio” e il presidente della Regione FVG, Fedriga, ha tuonato contro i “negazionisti” ribadendo la scelta di non finanziare “realtà che trovano nel revisionismo la loro ragion d’essere”. Insomma, chi fa ricerca storica e non si sottomette alle verità di Stato, viene chiamato negazionista, cosa che tutte le ricercatrici e i ricercatori impegnate/i in questo settore rifiutano con sdegno. I labari della X mas presenti alla cerimonia di Basovizza spiegano chiaramente chi, nei fatti, è autorizzato a fare storia.
Pensiamo che sia invece venuto il momento di placare tutto il sangue versato sul confine orientale e altrove non in nome di una banale pacificazione o memoria condivisa, ma per una forte consapevolezza storico-politica di tutta la violenza di un secolo, senza cancellare niente. La cerimonia del 10 febbraio, però, va in direzione opposta avvelenando le coscienze, soprattutto dei più giovani. E vanno in direzione opposta i vènti di guerra nel cuore dell’Europa scatenati dalle follie convergenti della NATO, dei nazionalisti ucraini e della Russia. Nuovo sangue è in attesa di venir sparso. Altro che “mai più!”
Fotografia Di Dans – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45853747