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Dalla parte delle donne: “il personale è politico”

IL G.O.A.P. (GRUPPO OPERATRICI ANTIVIOLENZA E PROGETTI) A TRIESTE

UN’INTERVISTA A IMMA TROMBA

operatrice d’accoglienza centro antiviolenza G.O.A.P.

 

1) Gent.ma Imma Tromba, vorremmo cominciare questa intervista chiedendovi quando, dove, come e con quali scopi il centro antiviolenza di Trieste è nato.

 

La storia del G.O.A.P. e delle donne che hanno fondato il Centro Antiviolenza va di pari passo con la storia dei movimenti femministi degli anni ’70 e delle lotte delle donne che si riconoscevano come oggetto di una politica e di una cultura discriminatoria e sessista. In quegli anni, nei gruppi di autocoscienza femministi emergeva in modo preponderante il fenomeno della violenza sulle donne all’interno della famiglia, ritenuta, quest’ultima, un luogo sicuro per le donne e i figli. Tantomeno, esistevano spazi a cui potersi rivolgere per poter essere ospitate, ascoltate e credute. I Centri Antiviolenza e le Case Rifugio sono nate in forma auto organizzata e rappresentarono una vera e propria sfida al potere che gli uomini esercitavano all’interno delle famiglie: mogli che scappavano di casa per andare a vivere con altre donne in luoghi gestiti da sole donne. Il merito dei Centri Antiviolenza è stato quello di segnalare il fenomeno della violenza maschile contro le donne come un problema pubblico e non una questione privata. Il famoso slogan di Carol Hanisch “il personale è politico” dichiarava proprio questo e cioè che il privato delle donne era collegato alla sfera pubblica e al modo in cui si strutturavano i rapporti tra i sessi e la violenza tra le mura domestiche era una delle forme dell’oppressione femminile. I centri antiviolenza si collocano come luoghi di pensiero e pratica politica femminista che ha al proprio centro la figura dell’operatrice di accoglienza che ha un’identità politica che ha origine in una personale adesione al femminismo. Si tratta di una figura che ha una funzione politica, che consiste principalmente nell’esercitare, influenzare e orientare la cultura secondo quei principi e valori. La nascita del G.O.A.P., avvenuta nel 1999, è stata il frutto dell’impegno di molte donne della nostra città, di diversa appartenenza culturale e politica, rappresentanti del privato sociale, del mondo accademico, politico e istituzionale, che cominciarono a sensibilizzare la città ad una politica femminile di cambiamento.

 

2) Quali sono gli elementi concreti che caratterizzano la vostra azione? 

 

Il G.O.A.P. si rivolge a ogni donna maggiorenne che abbia subito o stia subendo violenza in qualsiasi forma essa venga attuata: fisica, psicologica, economica, sessuale o stalking. Il rispetto della riservatezza, il segreto professionale e la tutela dell’anonimato delle donne che si rivolgono ai centri/servizi antiviolenza sono fondamentali ai fini della protezione e viene garantito attraverso l’adesione da parte delle operatrici ad un codice etico. Tutti i servizi offerti sono gratuiti.

  • Ascolto: vengono svolti colloqui sia telefonici, sia presso la sede, al fine di individuare i bisogni delle donne vittime di violenza, per fornire le prime informazioni sul funzionamento della struttura e dei suoi servizi e per una valutazione del rischio.
  • Accoglienza: ha la finalità di affiancare le donne nell’elaborazione di un percorso individuale volto all’uscita dalla situazione di violenza che l’ha portata a chiedere aiuto per interrompere il maltrattamento.
  • Assistenza legale: consulenza e supporto legale, sia civile che penale, da parte di avvocate esperte in tema di violenza di genere ed aiuto nell’accesso all’assistenza legale tramite gratuito patrocinio.
  • Orientamento al lavoro: spesso le donne che subiscono violenza sono anche vittime di ricatti di tipo economico da parte dei compagni, o ex. Per questo, un percorso di uscita dalla violenza non può dirsi completo finché le donne non si reinseriscono attivamente nella società e non raggiungono un’autonomia anche economica. I centri collaborano attivamente con tutte le risorse territoriali che operano in tal senso.
  • Orientamento all’autonomia abitativa: da ottenere tramite accordi e protocolli con gli enti locali, in grado di fornire un’abitazione.
  • Supporto ai minori: poiché molto spesso i minori sono figli sia della donna che subisce le violenze, che dell’uomo che mette in atto violenze ed abusi, sono previsti dei percorsi di supporto anche per loro.
  • Case rifugio: sono luoghi sicuri, protetti in cui le donne che devono lasciare la loro abitazione possono trovare protezione dalla violenza e dal pericolo. L’ospitalità ha una durata variabile e permette alle donne e ai/alle loro figli/e di poter allontanarsi emotivamente e materialmente dalla violenza, avviando con maggior serenità un percorso di autonomia e indipendenza. Le Case Rifugio sono in stretto contatto con il Centro Antiviolenza e rappresentano la possibilità, per le donne accolte, di poter sperimentare relazioni positive e di solidarietà con altre donne in un’ottica di rafforzamento del valore del proprio genere. Il GOAP gestisce diverse case rifugio che rispondono ai diversi bisogni delle donne che decidono di interrompere la violenza.

 

3) Il G.O.A.P. è attivo dal 1999: sono 23 anni di attività. Come sono cambiati i vostri interventi, qualitativamente e quantitativamente parlando? Come è cambiato -se così fosse- il vostro modo di pensare e di contrastare la violenza, in relazione a un mondo che in buona parte non è più lo stesso?

 

Indubbiamente il G.O.A.P., come tutti i Centri Antiviolenza, è diventato un luogo riconosciuto dalla cittadinanza e dalle istituzioni del territorio quale luogo privilegiato per il fronteggiamento del fenomeno. Negli anni il G.OA.P. ha intessuto un’ampia rete fatta di professionisti/e, servizi pubblici e privati con operatrici e operatori formati sul tema della violenza di genere, con i quali opera attivamente sia sulle situazioni di violenza che sulla realizzazione di progetti e/o creazione di eventi di sensibilizzazione e formazione. Sicuramente sono aumentate le risorse economiche messe a disposizione dal governo e dagli enti ai Centri Antiviolenza per consolidare il loro lavoro, sostenere le donne che vi si rivolgono e rendere meno precario il lavoro delle operatrici. Negli ultimi anni sono state introdotte alcune misure rivolte alle donne per agevolare il loro percorso di uscita dalla violenza come il reddito di libertà, il congedo INPS per violenza e l’assegnazione di un punteggio per accedere alle locazioni di edilizia pubblica. Il nostro modo di pensare e leggere la violenza di genere non è cambiato e non potrà cambiare fino a quando la questione della libertà e dell’autodeterminazione femminile non verrà riconosciuta come un valore fondamentale e necessario alla crescita culturale, politica ed economica del proprio paese.

 

4) Tra gli scopi che vi prefiggete, c’è quello di “sviluppare iniziative di prevenzione del fenomeno della violenza”: con quali mezzi? Quali strategie mettete in campo?

 

Prevenire la violenza vuol dire combattere le sue radici culturali e le sue cause e far conoscere le conseguenze delle violenze sulle vittime. Per questo sono essenziali le strategie politiche mirate all’educazione, alla sensibilizzazione, al riconoscimento e alla realizzazione delle pari opportunità in ogni ambito della vita pubblica e privata. L’obiettivo è combattere le discriminazioni e gli stereotipi legati ai ruoli e alle aspettative di genere, che riproducono la disuguaglianza e la subalternità femminile. Buona parte del nostro lavoro, realizzato anche con altri soggetti, è rivolto alle giovani generazioni attraverso interventi nelle scuole e nei luoghi di aggregazione giovanile dove vengono offerti percorsi di educazione al rispetto delle differenze tra i sessi. Fare prevenzione significa intercettare precocemente le situazioni di maltrattamento e quindi sensibilizzare o formare quelle figure che possono entrare in contatto più o meno diretto con le vittime di violenza, migliorando la loro capacità di intercettare e far emergere situazioni di violenza. A tale proposito anche diverse aziende del settore privato hanno invitato il G.O.A.P. a intervenire presso i propri dipendenti per parlare della violenza di genere e delle molestie nei luoghi di lavoro. Con l’ordine dei giornalisti il G.O.A.P. ha realizzato progetti con l’obiettivo di modificare la comunicazione e il linguaggio usato nei casi di cronaca che coinvolgono donne vittime di violenza o femminicidi. In sintesi, solo un’azione collettiva può portare a una possibile soluzione e quindi, diffondere la conoscenza del fenomeno della violenza di genere in modo capillare per creare un dissenso sociale verso i comportamenti violenti e discriminanti nei confronti delle donne.

5) Vorremmo finire con una domanda più generale: la società attuale è ancora quella a base patriarcale, sia pure in forme diverse a seconda dei contesti storico-politici. Quali sono i vostri punti di riferimento intellettuali per condurre anche una lotta di idee capace di supportare l’azione di liberazione dall’oppressione di cui molte/i sono ancora vittime? Come sostenere anche culturalmente chi non vuole più essere vittima?

 

Il nostro punto di riferimento rimane lo stesso e cioè la lettura della violenza di genere attraverso l’analisi della disuguaglianza e la continua ricerca e messa in discussione dei meccanismi culturali e politici che la riproducono e che rendono la differenza di potere tra i generi la forma di disuguaglianza più resistente e universale, nonostante le molteplici azioni messe in atto per superarla. Il femminismo argomenta e contesta tutte quelle interpretazioni della violenza (biologica, genetica, neurocognitiva, ecc) che non includono l’origine culturale del fenomeno e la volontà politica di mantenere il genere femminile subalterno a quello maschile. Per noi, in pratica, significa trovare alleanze con donne e uomini che lottino con noi e che sostengano la nostra prospettiva. Nei colloqui con le donne che si rivolgono al centro le operatrici individuano nelle loro storie tutti quegli aspetti riconducibili alla disparità di potere tra uomini e donne, aprendo un conflitto tra il contesto culturale e la storia della singola donna, le sue aspettative e i suoi desideri. Importante è rendere consapevoli le donne che quello che stanno vivendo non è un problema personale bensì politico, che coinvolge noi tutte. L’obiettivo non è solo di un mero allontanamento e di tutela rispetto al partner violento, ma piuttosto una ricollocazione del pensiero che la donna ha di se stessa e del contesto in cui si muove.

 

GOAP Centro Antiviolenza Via S. Silvestro 3/5, 34121 Trieste Ricezione telefonica: 040/ 347 8778, dal lunedì al venerdì negli orari di apertura del Centro (Lunedì, giovedì e venerdì: 09:00-15:00; Martedì e mercoledì: 12:00-18:00; Sabato e domenica: 9:00-15:00). E-mail: info@goap.it Sito: https://www.goap.it/


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