Articolo di Mirtia Amanda
Lavorare nella sanità pubblica territoriale, ovvero quel sistema di servizi integrati (CSM, Comune, ATER, associazioni, RSA, Distretti Sanitari, microaree, medici di base ecc.) significa rispondere ai bisogni di salute degli abitanti di un’area circoscritta (distretto), avvicinandosi in modo capillare ai luoghi dove le persone vivono, incluse periferie, situazioni di disagio, identificando problemi e individuando risposte veloci e appropriate.
Questo modo di operare permette di evitare ospedalizzazioni e istituzionalizzazioni, ghettizzazioni e abbandono, attivando soluzioni alternative reperibili sul territorio. In quest’ottica, la salute non è vista solamente come “questione sanitaria”, ma come una condizione che dipende anche dal benessere del contesto sociale.
Questo modello pubblico, che ha funzionato per anni e che costituisce il fiore all’occhiello della sanità triestina, ora rischia di saltare per questioni politiche ed economiche. Capita a tanti di aspettare molto tempo per una visita specialistica o qualche analisi e in alternativa sentirsi suggerire di rivolgersi al privato. Succede da tempo e non è un caso.
Nonostante la pandemia ci abbia confermato l’importanza della sanità territoriale, nella nostra regione, con la recente uscita degli atti aziendali, si è palesata una grande contraddizione tra l’impianto di programmazione sanitario regionale (che fa riferimento alle L.R. 2018/2019 del riordino del sistema sanitario regionale) e le disposizioni del PNRR. Dal PNRR ci aspettiamo importanti investimenti economici per la sanità. Ma dove andranno a finire questi investimenti economici qualora dovessero arrivare?
Nel mese di settembre 2020 è circolata una bozza di atto aziendale Asugi (documento che dovrebbe spiegare con chiarezza chi fa che cosa all’interno dell’organizzazione sanitaria) che ha messo in allarme tutti i soggetti coinvolti: tra i primi a rilevare le criticità dell’atto i portatori di interesse della salute mentale, familiari e diretti fruitori dei servizi. Infatti, sono i servizi di salute mentale ad essere colpiti per primi. La grave carenza di personale dovuta sia a tagli e mancate sostituzioni del passato che all’attuale crisi pandemica (operatori ammalati o contrari al vaccino) porta nel novembre 2021 a ridurre i centri di salute mentale: dei quattro CSM presenti in città solo due rimangono aperti sulle 24 ore con notevoli disagi per gli utenti e per gli operatori coinvolti in una continua “migrazione” da una sede all’altra per garantire alle persone l’accoglienza diurna e notturna.
Il 30 novembre 2021 quella che era una bozza di atto aziendale Asugi è diventata un documento ufficiale. Leggerla è stata un’esperienza sconfortante. Il documento, portato alle firme dei direttori all’ultimo momento, senza concertazione, demoliva il sistema sanitario del territorio di Trieste riducendo i servizi, creando articolazioni di vertice e catene di comando. Solo un esempio per capire meglio di cosa si tratta: I distretti venivano ridotti da 4 a 2: il distretto 2 avrebbe coperto il territorio dell’altipiano, di Valmaura, Chiarbola, Servola, Borgo S. Sergio e tutto il comune di Muggia. In pratica un cittadino di Aurisina avrebbe dovuto spostarsi fino a Valmaura o addirittura Muggia per accedere al suo distretto.
Considerando che un buon servizio di prossimità dovrebbe essere raggiungibile dal cittadino nel tempo massimo di un quarto d’ora è evidente che i nostri amministratori non conoscono le funzioni di un servizio territoriale o, se le conoscono, le vogliono cancellare.
La stessa CGIL Funzione Pubblica, lo scorso 5 dicembre 2021 ha espresso parere contrario all’atto aziendale chiedendone l’immediato ritiro e la revisione condivisa con i soggetti coinvolti valutando che il piano non fornisce soluzioni alle criticità del sistema, alle difficoltà quotidiane degli operatori, ai bisogni dei cittadini. Se ad oggi i 4 CSM sono stati ripristinati, anche in seguito alle proteste sollevate, le difficoltà legate alla ormai storica carenza di organico non sono risolte, pertanto non si sa se funzioneranno sulle 12 o 24 ore. Rimane una grande preoccupazione per la sorte dei Distretti Sanitari, delle microaree, della salute territoriale nel suo complesso. L’atto aziendale parla di “Case della Comunità” ma non è chiaro come queste dovrebbero funzionare e articolarsi con il territorio né come potranno essere prese in carico le persone in modo integrato.
In sostanza, la riforma Asugi è ambigua e deve essere bloccata. A rischio la tenuta della sanità pubblica, unica garante della salute di tutti.