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È come una fisarmonica, la storia del liceo accorciato a 4 anni: nel 2000 ci prova Berlinguer ma Berlusconi abroga la norma. Ci riprova Carrozza nel 2013 ma solo con tre istituti e, nel 2018, Fedeli reintroduce la sperimentazione. Ora arriva il TED, il liceo per la Transizione Ecologica e Digitale, la scuola breve che ha per indirizzo lo slogan della rinascita industriale ed economica legata al PNRR e perciò, a detta del ministro Bianchi, “un salto per tutto il sistema educativo italiano”.

Questa volta, a qualificare il progetto ci sono padrini d’eccezione: il presidente dell’Invalsi (l’istituto che vuole trasformare la scuola in una palestra di competenze) e l’ad di SNAM (una delle maggiori società di infrastrutture energetiche). Ma soprattutto c’è la benedizione dei santi Paolo VI e Josemarìa Escrivà che nel 1965, con il favore dell’Opus Dei, fondarono a Roma ELIS, l’ong con cui fu avviato un ramo della formazione professionale.

Elis aiuta i giovani capaci e volenterosi e vanta l’appoggio di un consorzio di tutto rispetto (da Anas, Eni, Ericssonn fino a Telecom, Sogetel, Tecnorad…).

Quindi il coro di apprezzamenti decanta la “filiera integrata” tra licei, università e imprese; il riempimento delle lacune in matematica; l’eliminazione delle disparità di genere; l’incoraggiamento socratico a “tirare fuori il bene e il bello dei nostri figli”, a “vivere lo studio come una scoperta interessante” e altri meravigliosi effetti tra cui quello di risolvere il drammatico e secolare divorzio tra cultura scientifica e cultura umanistica con una virtuosa, e miracolosa, combinazione tra le due. Resta da vedere come potrà accadere, con programmi compressi in 4 anni e ritmi accelerati.

Con questi mirabolanti progetti, parte quello che il ministro dell’istruzione definisce il Piano Rigenerazione Scuola, mentre nella scuola con la s minuscola ci sono quattrocentomila tra studenti e docenti esposti ad agenti cancerogeni come l’amianto o ai crolli degli intonaci secolari.

Quanto rimane, a parte l’appeal avveniristico, è la solita questione: vale di più la scuola del fare con i suoi stage, o la scuola del sapere con l’esercizio intellettuale? Ovvero: quale modello deve prevalere nella nostra cultura? Quello anglosassone della pratica empirica o quello continentale della speculazione teorica? In Italia, come pare evidente, si tenta di far prevalere il modello laboratoriale e pratico realizzandolo nell’alternanza scuola lavoro. Soprattutto nel nuovo liceo che fa risparmiare tempo e denaro.

Ma prima che si stabilisca quale sia la vera fonte della conoscenza, i fatti dicono che, per ora,  il tentativo ministeriale di ampliare la sperimentazione dei licei quadriennali non è decollato com’era nelle attese.

Erano previste 1000 classi, ripartite tra le regioni in base al numero di studenti ma le candidature avanzate sono state, almeno per Lombardia, Veneto, Campania e Sicilia, il 20% di quelle previste. Ma, si dice, tutta colpa del Covid.

Vedremo a fine pandemia.

Roberto Calogiuri


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